martedì 28 aprile 2015

La rabbia, la vittoria e l'orgoglio

Vi dico la verità questo pezzo io non lo volevo scrivere. E’ stata personalmente una brutta settimana, piena di insuccessi e di delusioni personali, e a dire il vero domenica mattina, appena sceso dal letto di tutto avevo voglia tranne di guardare come sarebbe andato il derby.
Non vi era l’adrenalina solita, non vi era quella spinta, quel groppo allo stomaco che ti prende dal giorno prima e ti fa contare le ore i minuti ed i secondi che ti separano dalla partita delle partite.
Ma alla fine, considerando che sarei stato a casa a guardarmi l’ombelico e che non avrei comunque resistito nel tenermi informato, ho ceduto al senso del dovere di tifoso, e allora mi son recato dagli amici del Toro Club Bra.

L’atmosfera devo dire che un po’ aiutava, c’era l’entusiasmo che si respirava durante le partite di Europa League e il calendario del Toro appeso al muro vicino al televisore era girato sulla pagina dove vi era la foto del nostro Giampierone, che con il suo sguardo sicuro e rassicurante, quasi come un’icona sacra, ci diceva di stare tranquilli di credere nel buon calcio, e che oggi il bene l’avrebbe avuta vinta sul lato oscuro della forza.
Io cercavo di mettermi comodo, l’ansia comunque iniziava a salire, e il terrore che questa schifo di settimana terminasse anche con la solita beffa era grande. Chissà come avrei fatto a riprendermi questa volta?

La partita inizia e il Toro è sempre il solito: ordinato, attento su ogni palla, la cosa positiva è che non si vedevano giocatori timorosi, si aspettava l’avversario ma con l’atteggiamento di chi sa quello che sta facendo. I gobbi entrano in campo con una squadra un po’ rimaneggiata, Morata e Matri in attacco e addirittura, udite udite, il buon Angelo Ogbonna che per una domenica smette di fare l’autista del pullman (oddio ho parlato di pullman n.d.r.) e viene utilizzato per la sua antica professione, ossia quella del calciatore.
La partita è equilibrata il Toro cerca di tenere botta e ogni tanto si fa vedere con qualche tiro, i pigiami invece sembra che aspettino di mettere il turbo alla nostra prima distrazione, ed ecco infatti un lampo del solito Pirlo che pesca Matri solo davanti alla porta e in quel frangente compresi perché i miei amici gobbi quando parlano di Matri lo fanno sempre utilizzando epiteti poco carini, perché infatti spara alto sulla traversa.
Forse voi non lo sapete ma Ogbonna gioca ancora a calcio
La partita è difficile e la tensione al Toro Club sale, c’è chi sacramenta perché Ventura ha messo Benassi (che tra l’altro ha fatto un ottimo derby questa volta) memore della cappella del derby d’andata, c’è chi invece soffre in silenzio come il sottoscritto.
Le squadre continuano a cercare varchi, al momento il buon calcio è ancora in fase di riscaldamento, Matri si ritrova di nuovo solo davanti alla porta sguarnita sugli sviluppi di un contropiede sembra facile buttarla dentro, non fosse che da dietro arriva un fulmine biondo con la fascia di Capitano sul braccio e la maglia granata che la sfiora quel tanto che basta da mandarlo fuori tempo e metterla sul fondo.
Rimaneggiata o meno la Juve quando accelera fa paura e noi non dobbiamo sbagliare nulla. Ma la perfezione non è sempre amica del buon calcio, e Gazzi in quei minuti un po’ in difficoltà come tutto il centrocampo del Toro commette un fallo al limite della nostra area. Al Toro Club ci si guarda tutti male perché sappiamo benissimo chi batterà quella punizione, e sappiamo benissimo che per lui è più o meno come battere un calcio di rigore. E infatti, come volevasi dimostrare, arriva Pirlo, posiziona il pallone, prende la mira e segna.
Lo scoramento in saletta regna sovrano, io non dico nulla, penso solo che l’idea di quella mattina di starmene a casa a dormire avrei dovuto ascoltarla, dietro di me il signore che prima diceva che Ventura aveva sbagliato a mettere Benassi, ora sacramenta con Ventura perché non ha tolto Gazzi dopo nemmeno un tempo di gioco (era cristallino per lui che il nostro Mister avrebbe dovuto prevedere che con quel fallo di Gazzi, Pirlo avrebbe segnato).
La faccia di Padellone dopo il gol di Pirlo

Dopo la rete il Toro sbanda un attimo, ci vorrebbe una scossa, qualcosa che scombussoli la situazione prima di andare al riposo, un gol, come successe a Bilbao che ridesse coraggio, che rimettesse tutto in discussione. E forse lo pensa anche Quagliarella che riesce ad un certo punto ad anticipare Bonucci mettere a terra il pallone, liberarsi ed alzare la testa come se aspettasse qualcuno che la telecamera non ha ancora inquadrato ed infatti il suo passaggio arriva a Darmian che sta correndo come un treno libero di tirare, basterebbe un tiro forte e Buffon non potrebbe nulla. E forse Matteo aveva quell’idea in testa, o forse no, fatto sta che tocca la palla (forse per stopparla o forse per calciarla) e questa si impenna. Alzo le braccia ed urlo <<Cazzo Matteo che stop di merda, ma porca…>> ma poi mi fermo. perché ad un certo punto tutto il mondo sembra fermarsi, noi al Toro Club ma anche i difensori della Juve nella loro area, e forse pure ogni tifoso che era lì allo stadio. Tutto era fermo tranne due cose: una era la palla che stoppata in quella maniera disegna una parabola che sembra destinata sul fondo ma che ad un certo punto si riabbassa, e l’altra cosa che si muoveva, in realtà era una persona ed era sempre Darmian che continuava a correre con la stessa velocità di prima dietro quella palla sperando che si abbassasse. L’incontro tra il pallone e il suo piede avviene ad un metro dalla porta, Buffon non può davvero nulla, la palla entra, e il Toro è vivo, il derby si riapre, ed a questo punto tutte le sensazioni cambiano, tutta la storia cambia, perché loro avranno anche un fenomeno a calciare le punizioni ma noi abbiamo undici granata in campo e tanti altri in panchina che oggi hanno deciso di vendersi cara la pelle. Abbiamo imparato ormai che il buon calcio sa essere imprevedibile, e da oggi si aggiunge la nuova regola aurea che recita “anche da uno stop di merda può nascere un’azione da gol”

Inizia il secondo tempo e noi ci facciamo di nuovo fischiare un’altra punizione dal limite e Pirlo si rimette in posizione. Al Toro Club a questo punto iniziano i sacramenti già dal momento in cui il bianconero mette la palla a terra. Ormai è proprio come se calciasse un rigore, li tira con il telecomando e col culo che abbiamo di solito figurati se lo sbaglia. Pirlo calcia, Padelli rimane fermo, eccolo lì che ne fa un altro…invece un rumore sordo la palla che esce, anche questa volta un palo ci salva, non è la prima volta quest’anno e non sarà nemmeno l’ultima.
Ora le coincidenze iniziano ad essere parecchie, il gol prima della fine del primo tempo come a Bilbao, il gol di Darmian proprio come a Bilbao, i pali a nostro favore….inizio a pensare che stavolta il buon calcio non sbaglierà.
Bisogna crederci e il Toro ci crede, ed ecco qualche azione dopo la sgroppata di El Kaddouri, entra in area allarga per Darmian che mette in mezzo e in mezzo c’è Quagliarella che deve solo buttarla dentro. E’ un attimo mi trovo in piedi davanti alla tv ad urlare e con me tanti altri. Quaglia che segna, come a Bilbao, ed ora siamo avanti noi, ed ora la partita non finirà più.
Sì perché manca ancora mezz’ora, ed ora quelli là inizieranno ad incazzarsi, e chissà cosa si inventeranno per trovare il pareggio. E infatti l’orologio non si muove più e la Juve inizia a spingere e a collezionare palle gol, prima con Vidal che spara fuori, poi con Sturaro che sfiora il palo. Allegri fa entrare Tevez e Pepe, e qualche minuto dopo, l’infarto è dietro l’angolo quando all’ennesimo cross verso la nostra area la palla prima sbatte sul palo, poi viene ribattuta a colpo sicuro, e poi inizia a ballare sulla linea e finisce tra le braccia di Padelli attaccato proprio dai due nuovi entrati. La palla sguscia da tutte le parti basta un minimo tocco perché finisca dentro, Padellone la prende con le braccia, le gambe, la ferma pure con le chiappe e alla fine la salva.

Non ci arriverò vivo alla fine di questa partita, me lo sento, manca ancora troppo tempo, e noi siamo stanchi, soffriamo come bestie, Moretti prende una botta ad un piede ma non può essere sostituito perché Ventura ne ha già fatte tre e praticamente sta giocando su una gamba sola.
Noi facciamo un gol, ma è irregolare perché Martinez è in fuorigioco, loro stanno per pareggiare ancora con Sturaro che colpisce di testa a colpo sicuro, ma Padelli, l’unico portiere che sa farsi insultare per un’uscita a caso, e farsi amare un secondo dopo per una parata disperata si tuffa e dice ancora di no.
Siamo nel recupero, quel maledetto cronometro non si muove, ad un certo punto anche tutti i fondamentali del buon calcio vengono derogati perché ogni volta che un difensore del Toro ha la palla tra i piedi l’unica cosa che fa è spararla più lontano possibile dalla nostra aera. Anche i raccattapalle fanno la loro parte, palloni che spariscono, o che vengono restituiti due alla volta per perdere tempo. Alla fine l’arbitro fischia e siamo tutti in piedi, e si ripete la scena della partita con l’Athletic.
Ci si abbraccia commossi, davanti a me c’è un ragazzo che penso sia più giovane ed è emozionato tanto quanto me, e forse più di me perché magari lui in 20 anni un derby non l’aveva mai vinto.

Io non riesco più ad urlare, abbraccio mia sorella, ed un altro fratello che sedeva vicino a me e sono una fontana umana. Sono lacrime belle e terribili, lacrime di una settimana da dimenticare che si concludeva con un’unica grande, grandissima soddisfazione attesa per anni. Sono lacrime per il Toro e lacrime per me, che in tanti anni non ho ancora capito se son stato io a scegliere di essere del Toro o sia stato il Toro a scegliere che io non potevo essere di un’altra squadra. In fondo il Toro non è una squadra, è un modo di essere, è la vita che ti brucia la pelle, è la mia vita, fatta di fallimenti e risurrezioni, di esperienze fatte in posti dimenticati da Dio senza sapere come ne sarei uscito, di partite perse al novantesimo quando pensavo che ce l’avrei fatta, di rigori sbagliati clamorosamente, di partite che ho magari giocato alla grande ma che ho perso ingiustamente ai danni del prepotente di turno.
Forse il mio derby lo devo ancora vincere, o forse lo devo ancora giocare, ma oggi da queste lacrime si ricomincia un’altra volta, si riparte da qui.
Son stato in grado di aspettare 20 anni, e che piaccia o meno a qualcuno, io me la giocherò anche aspettandone altri 20. Mi troveranno sempre in piedi, a testa alta e con una maglia granata addosso.
Questo per me è il Toro. E’ tutto qui.

Forza Toro Sempre

Igor      


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