Vi dico la verità questo pezzo
io non lo volevo scrivere. E’ stata personalmente una brutta settimana, piena
di insuccessi e di delusioni personali, e a dire il vero domenica mattina,
appena sceso dal letto di tutto avevo voglia tranne di guardare come sarebbe
andato il derby.
Non vi era l’adrenalina
solita, non vi era quella spinta, quel groppo allo stomaco che ti prende dal
giorno prima e ti fa contare le ore i minuti ed i secondi che ti separano dalla
partita delle partite.
L’atmosfera devo dire che un
po’ aiutava, c’era l’entusiasmo che si respirava durante le partite di Europa
League e il calendario del Toro appeso al muro vicino al televisore era girato
sulla pagina dove vi era la foto del nostro Giampierone, che con il suo sguardo
sicuro e rassicurante, quasi come un’icona sacra, ci diceva di stare tranquilli
di credere nel buon calcio, e che oggi il bene l’avrebbe avuta vinta sul lato
oscuro della forza.
Io cercavo di mettermi comodo,
l’ansia comunque iniziava a salire, e il terrore che questa schifo di settimana
terminasse anche con la solita beffa era grande. Chissà come avrei fatto a
riprendermi questa volta?
La partita inizia e il Toro è
sempre il solito: ordinato, attento su ogni palla, la cosa positiva è che non
si vedevano giocatori timorosi, si aspettava l’avversario ma con
l’atteggiamento di chi sa quello che sta facendo. I gobbi entrano in campo con
una squadra un po’ rimaneggiata, Morata e Matri in attacco e addirittura, udite
udite, il buon Angelo Ogbonna che per una domenica smette di fare l’autista del
pullman (oddio ho parlato di pullman n.d.r.) e viene utilizzato per la sua
antica professione, ossia quella del calciatore.
La partita è equilibrata il
Toro cerca di tenere botta e ogni tanto si fa vedere con qualche tiro, i
pigiami invece sembra che aspettino di mettere il turbo alla nostra prima distrazione,
ed ecco infatti un lampo del solito Pirlo che pesca Matri solo davanti alla
porta e in quel frangente compresi perché i miei amici gobbi quando parlano di
Matri lo fanno sempre utilizzando epiteti poco carini, perché infatti spara
alto sulla traversa.
Forse voi non lo sapete ma Ogbonna gioca ancora a calcio |
La partita è difficile e la
tensione al Toro Club sale, c’è chi sacramenta perché Ventura ha messo Benassi
(che tra l’altro ha fatto un ottimo derby questa volta) memore della cappella
del derby d’andata, c’è chi invece soffre in silenzio come il sottoscritto.
Le squadre continuano a
cercare varchi, al momento il buon calcio è ancora in fase di riscaldamento,
Matri si ritrova di nuovo solo davanti alla porta sguarnita sugli sviluppi di
un contropiede sembra facile buttarla dentro, non fosse che da dietro arriva un
fulmine biondo con la fascia di Capitano sul braccio e la maglia granata che la
sfiora quel tanto che basta da mandarlo fuori tempo e metterla sul fondo.
Rimaneggiata o meno la Juve
quando accelera fa paura e noi non dobbiamo sbagliare nulla. Ma la perfezione
non è sempre amica del buon calcio, e Gazzi in quei minuti un po’ in difficoltà
come tutto il centrocampo del Toro commette un fallo al limite della nostra
area. Al Toro Club ci si guarda tutti male perché sappiamo benissimo chi
batterà quella punizione, e sappiamo benissimo che per lui è più o meno come
battere un calcio di rigore. E infatti, come volevasi dimostrare, arriva Pirlo,
posiziona il pallone, prende la mira e segna.
Lo scoramento in saletta regna
sovrano, io non dico nulla, penso solo che l’idea di quella mattina di starmene
a casa a dormire avrei dovuto ascoltarla, dietro di me il signore che prima
diceva che Ventura aveva sbagliato a mettere Benassi, ora sacramenta con
Ventura perché non ha tolto Gazzi dopo nemmeno un tempo di gioco (era
cristallino per lui che il nostro Mister avrebbe dovuto prevedere che con quel
fallo di Gazzi, Pirlo avrebbe segnato).
Dopo la rete il Toro sbanda un
attimo, ci vorrebbe una scossa, qualcosa che scombussoli la situazione prima di
andare al riposo, un gol, come successe a Bilbao che ridesse coraggio, che
rimettesse tutto in discussione. E forse lo pensa anche Quagliarella che riesce
ad un certo punto ad anticipare Bonucci mettere a terra il pallone, liberarsi
ed alzare la testa come se aspettasse qualcuno che la telecamera non ha ancora
inquadrato ed infatti il suo passaggio arriva a Darmian che sta correndo come
un treno libero di tirare, basterebbe un tiro forte e Buffon non potrebbe
nulla. E forse Matteo aveva quell’idea in testa, o forse no, fatto sta che
tocca la palla (forse per stopparla o forse per calciarla) e questa si impenna.
Alzo le braccia ed urlo <<Cazzo
Matteo che stop di merda, ma porca…>> ma poi mi fermo. perché ad un
certo punto tutto il mondo sembra fermarsi, noi al Toro Club ma anche i
difensori della Juve nella loro area, e forse pure ogni tifoso che era lì allo
stadio. Tutto era fermo tranne due cose: una era la palla che stoppata in
quella maniera disegna una parabola che sembra destinata sul fondo ma che ad un
certo punto si riabbassa, e l’altra cosa che si muoveva, in realtà era una
persona ed era sempre Darmian che continuava a correre con la stessa velocità
di prima dietro quella palla sperando che si abbassasse. L’incontro tra il
pallone e il suo piede avviene ad un metro dalla porta, Buffon non può davvero
nulla, la palla entra, e il Toro è vivo, il derby si riapre, ed a questo punto
tutte le sensazioni cambiano, tutta la storia cambia, perché loro avranno anche
un fenomeno a calciare le punizioni ma noi abbiamo undici granata in campo e
tanti altri in panchina che oggi hanno deciso di vendersi cara la pelle.
Abbiamo imparato ormai che il buon calcio sa essere imprevedibile, e da oggi si
aggiunge la nuova regola aurea che recita “anche da uno stop di merda può nascere un’azione
da gol”
Inizia il secondo tempo e noi
ci facciamo di nuovo fischiare un’altra punizione dal limite e Pirlo si rimette
in posizione. Al Toro Club a questo punto iniziano i sacramenti già dal momento
in cui il bianconero mette la palla a terra. Ormai è proprio come se calciasse
un rigore, li tira con il telecomando e col culo che abbiamo di solito figurati
se lo sbaglia. Pirlo calcia, Padelli rimane fermo, eccolo lì che ne fa un altro…invece
un rumore sordo la palla che esce, anche questa volta un palo ci salva, non è
la prima volta quest’anno e non sarà nemmeno l’ultima.
Ora le coincidenze iniziano ad
essere parecchie, il gol prima della fine del primo tempo come a Bilbao, il gol
di Darmian proprio come a Bilbao, i pali a nostro favore….inizio a pensare che
stavolta il buon calcio non sbaglierà.
Bisogna crederci e il Toro ci
crede, ed ecco qualche azione dopo la sgroppata di El Kaddouri, entra in area
allarga per Darmian che mette in mezzo e in mezzo c’è Quagliarella che deve
solo buttarla dentro. E’ un attimo mi trovo in piedi davanti alla tv ad urlare
e con me tanti altri. Quaglia che segna, come a Bilbao, ed ora siamo avanti
noi, ed ora la partita non finirà più.
Sì perché manca ancora mezz’ora,
ed ora quelli là inizieranno ad incazzarsi, e chissà cosa si inventeranno per
trovare il pareggio. E infatti l’orologio non si muove più e la Juve inizia a
spingere e a collezionare palle gol, prima con Vidal che spara fuori, poi con
Sturaro che sfiora il palo. Allegri fa entrare Tevez e Pepe, e qualche minuto
dopo, l’infarto è dietro l’angolo quando all’ennesimo cross verso la nostra
area la palla prima sbatte sul palo, poi viene ribattuta a colpo sicuro, e poi inizia
a ballare sulla linea e finisce tra le braccia di Padelli attaccato proprio dai
due nuovi entrati. La palla sguscia da tutte le parti basta un minimo tocco perché
finisca dentro, Padellone la prende con le braccia, le gambe, la ferma pure con
le chiappe e alla fine la salva.
Non ci arriverò vivo alla fine
di questa partita, me lo sento, manca ancora troppo tempo, e noi siamo stanchi,
soffriamo come bestie, Moretti prende una botta ad un piede ma non può essere
sostituito perché Ventura ne ha già fatte tre e praticamente sta giocando su
una gamba sola.
Noi facciamo un gol, ma è
irregolare perché Martinez è in fuorigioco, loro stanno per pareggiare ancora
con Sturaro che colpisce di testa a colpo sicuro, ma Padelli, l’unico portiere
che sa farsi insultare per un’uscita a caso, e farsi amare un secondo dopo per
una parata disperata si tuffa e dice ancora di no.
Siamo nel recupero, quel
maledetto cronometro non si muove, ad un certo punto anche tutti i fondamentali
del buon calcio vengono derogati perché ogni volta che un difensore del Toro ha
la palla tra i piedi l’unica cosa che fa è spararla più lontano possibile dalla
nostra aera. Anche i raccattapalle fanno la loro parte, palloni che spariscono,
o che vengono restituiti due alla volta per perdere tempo. Alla fine l’arbitro
fischia e siamo tutti in piedi, e si ripete la scena della partita con l’Athletic.
Ci si abbraccia commossi,
davanti a me c’è un ragazzo che penso sia più giovane ed è emozionato tanto
quanto me, e forse più di me perché magari lui in 20 anni un derby non l’aveva
mai vinto.
Io non riesco più ad urlare,
abbraccio mia sorella, ed un altro fratello che sedeva vicino a me e sono una
fontana umana. Sono lacrime belle e terribili, lacrime di una settimana da
dimenticare che si concludeva con un’unica grande, grandissima soddisfazione
attesa per anni. Sono lacrime per il Toro e lacrime per me, che in tanti anni
non ho ancora capito se son stato io a scegliere di essere del Toro o sia stato
il Toro a scegliere che io non potevo essere di un’altra squadra. In fondo il
Toro non è una squadra, è un modo di essere, è la vita che ti brucia la pelle,
è la mia vita, fatta di fallimenti e risurrezioni, di esperienze fatte in posti
dimenticati da Dio senza sapere come ne sarei uscito, di partite perse al
novantesimo quando pensavo che ce l’avrei fatta, di rigori sbagliati
clamorosamente, di partite che ho magari giocato alla grande ma che ho perso
ingiustamente ai danni del prepotente di turno.
Forse il mio derby lo devo
ancora vincere, o forse lo devo ancora giocare, ma oggi da queste lacrime si
ricomincia un’altra volta, si riparte da qui.
Son stato in grado di
aspettare 20 anni, e che piaccia o meno a qualcuno, io me la giocherò anche
aspettandone altri 20. Mi troveranno sempre in piedi, a testa alta e con una
maglia granata addosso.
Questo per me è il Toro. E’
tutto qui.
Forza Toro Sempre
Igor
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