mercoledì 21 ottobre 2015

Errori, schiaffoni e rimonte: #ilbuoncalcio a metà

Prendete una squadra dal nome e dalla storia importante come il Milan, fatela andare in crisi rendendola una compagine piena di giocatori mediocri, fatela vegetare nella medio bassa classifica durante le prime giornate del campionato, tanto da mettere in bilico la panchina del suo stesso allenatore, fatela andare in trasferta a Torino sponda granata, poi prendete un arbitro a caso della Lega Italiana Calcio (nel caso specifico era Gervasoni ma sarebbe potuto essere qualsiasi altro) e mettetelo ad arbitrare, cosa potreste ottenere? Le possibilità sono due, o una partita dove la direzione di gara è a senso unico con "errori" scandalosi che regalano la vittoria alla potente decaduta di turno, oppure una conduzione più subdola, scadente, senza errori marchiani ma che spostano sensibilmente il baricentro della partita, che magari non risulterà ai più falsata, ma condizionata certamente sì.
L'inopportuno Gervasoni

Ecco amiche ed amici de #ilbuoncalcio, se volete sapere come la penso del match tra Toro e Milan di sabato sera scorso, la grande, grandissima sensazione che ho provato è stata proprio quella. Poi magari mi sbaglierò, magari sono un malpensante e completamente in malafede, e lungi da me fare un articolo nel quale si passi il concetto che il Toro abbia "soltanto" pareggiato per colpa del direttore di gara (sarebbe miope ed ingiusto, e servirebbe solo a mascherare i difetti che questa giovane squadra ancora possiede), ma certamente ha influito non poco sul gioco e sull'andamento della gara.

Il Toro doveva ritrovare lo spirito perduto, dopo la pessima figura rimediata in casa del Carpi due settimane prima, con i romagnoli che conquistavano i primi tre punti della loro storia, il Milan invece si ritrovava con una classifica deficitaria, un Mihajlovic in bilico ed una squadra da ridisegnare dopo gli ultimi deludenti risultati. Ad aggiungersi alle difficoltà di Giampiero c'era sempre l'infermeria granata costantemente piena e la difficoltà quindi di mettere insieme 11 uomini che potessero giocare una partita così importante.

Nonostante tutto i granata entrano in campo certamente con la giusta voglia, ma si nota da subito che sono in difficoltà. Il Milan raddoppia costantemente la marcatura sul portatore di palla, pressa e riparte e i granata hanno difficoltà a giocare come sanno. Poi vi è appunto Gervasoni che ad ogni fallo dei granata fischia a tira fuori il cartellino mentre con i rossoneri è meno severo e spesso lascia correre. Quello che ne viene fuori è quindi un primo tempo di rara bruttezza, con zero occasioni da rete da ambo le parti, gioco spezzettato e Toro che non riesce a tenere palla e fare gioco, dando l'impressione di una squadra troppo attendista.
Alla fine c'è sempre bisogno di uno schiaffone per accendere i granata, e questo arriva inesorabile con l'entrata in campo di Bacca che dopo pochi minuti trova la retroguardia granata impreparata e porta in vantaggio il Milan.
Fino a quel momento il Toro continuava a fare fatica ad uscire dalla propria metà campo, e i problemi fisici continuavano a falcidiare la rosa, con Gazzi che già non al meglio ha dovuto alzare bandiera bianca costringendo Giampierone a schierare dal primo minuto del secondo tempo Vives (che fisicamente non era al 100% nemmeno lui). Ma come ben sappiamo #ilbuoncalcio entra in azione nel momento in cui è maggiorente in difficoltà, e con l'andare dei minuti i granata prendono coraggio si buttano in avanti e gradualmente il Milan si trova sempre più alle corde. Ventura tenta la carta del tutto per tutto, toglie Zappacosta e mette Belotti. E' la prima volta che si vedono tre punte insieme, in teoria #ilbuoncalcio non lo prevederebbe ma oggi è necessario rientrare in partita il prima possibile, e le alternative per il Mister non sono molte anzi, son quasi nulle.
E la mossa risulta vincente alla prima occasione utile, azione in velocità che lancia il Gallo in profondità che senza pensarci due volte allarga di petto per un accorrente Baselli che a tu per tu con Diego Lopez la mette dentro. In quel momento tutti abbiamo capito quanto il centrocampista granata ci sia mancato in queste settimane di infortunio, ancora una volta mette il sigillo su un match che sembrava ormai perso.
Da quel momento si vede un altro Toro e il Milan comincia a temere il tracollo. Maxi Lopez, Acquah e Glik tentano di insaccare il raddoppio senza tuttavia riuscirci ed anche in questa fase il direttore di gara ci mette del suo con alcune decisioni con i granata in contropiede per lo meno discutibili.

Questo pareggio lascia certamente un  gusto amarognolo in bocca perchè il Toro ha dimostrato di fronte a questo Milan di poter fare bottino pieno. Un difetto di questa squadra è quello di non aggredire subito l'avversario, di rimanere per molto tempo prudenti soprattutto nella prima frazione di gioco. Poi quando l'avversario sferra il colpo, ecco che i granata si svegliano ed iniziano a giocare come sanno.

Bisogna invertire questa tendenza, anche se a parziale discolpa dei giocatori, è necessario tenere conto delle numerose defezioni causa infortunio che certamente non rendono le cose facili nè a Giampiero nè ai giocatori, in quest'ultimo periodo parecchio sfortunati. La nota positiva è che rispetto alla trasferta col Carpi i granata erano vivi, ed hanno giocato la partita fino all'ultimo, con il rientro degli infortunati certamente tutto potrà essere fatto in modo più sereno.
Giampiero che non vede buon calcio

Ci aspettano ora tre partite di fuoco ravvicinate, prima la Lazio, poi pochi giorni dopo il Genoa, e poi il Derby. Saranno tre partite durissime ma è necessario essere fiduciosi prendendo un match alla volta e cercando di prendere più punti possibili.

La strada del buon calcio è ancora lunga ma non bisogna mollare.

Forza Toro Sempre!!
Igor Stasi


giovedì 15 ottobre 2015

Quel libro color granata

Amiche ed amici de #ilbuoncalcio....tranquilli la sconfitta contro il Carpi, con le immagini del gioco frizzante e pieno di entusiasmo che i ragazzi di Giampiero ci hanno mostrato per l'occasione, non ci hanno fatto dimettere dalla nostra missione. Nonostante fosse difficile fare un pezzo su un match che ispirava soltanto parole che avrebbero prodotto querele o manifestazioni poco raffinate, l'assenza è stata soprattutto dovuta a mancanza di tempo per produrre qualcosa di degno per codesta prestigiosa rubrica. 
In attesa di ritrovarci dopo la partita con il Milan, vi lascio un pezzo che scrissi qualche anno fa nel mio vecchio blog. Parlava di un libro, di un fuoriclasse straordinario, di uno stilista, di un artista e di un rivoluzionario che ci ha lasciati troppo presto, ma che non abbiamo mai dimenticato. Ve lo ripropongo proprio oggi, perchè mi spiaceva non ricordarlo in questa data. 
Ciao Gigi!! 
A presto.
Igor Stasi

Era sulla libreria della mia cameretta. Erano facilmente distinguibili da tutti gli altri libri, perché intanto erano grossi in formato A4 e poi la copertina era di un colore che non poteva passare certamente inosservata. Due libroni di color granata, di cui uno sul dorso riportava il titolo “Successi e lotte della Squadra granata” l’altro invece era invece dedicato ad una persona particolare un certo “Gigi Meroni. Il più grande idolo granata”.

Chiesi a mia madre che cosa fossero quei libri chi li avesse scritti e di chi parlavano, e lei mi disse che non si potevano trovare in libreria perché in realtà li aveva scritti lei, battuti con la sua mitica macchina da scrivere Olivetti quando era giovane, e aveva voglia di scrivere di una passione che proveniva da suo padre e che gli aveva raccontato tante volte quando era piccola. 
Allora prese la scala e salì per andare a prenderli dal piano alto della libreria e me li fece vedere.
Il primo raccontava la storia di quella squadra leggendaria, che suo padre gli aveva raccontato tante volte. In realtà mia madre aveva raccolto e trascritto le cronache dei giornali dell’epoca, in special modo dei funerali di quei ragazzi che inspiegabilmente si erano trovati a volare a bassa quota sul colle di Superga. Addirittura aveva la prime pagine originali di Gazzetta Sera e di Tutto Sport che mio nonno aveva conservato con la cronaca di quei giorni, con tutta Torino ferma e stretta attorno a quei ragazzi a cui aveva voluto così bene.

Ma dopo aver letto quel libro la curiosità cadde per forza sul secondo, quello dedicato a quel Gigi Meroni che fino a quel momento non avevo mai sentito nominare.
Era l’idolo giovanile di mia mamma, un giocatore che non aveva nulla in comune a tutti gli altri, anch’esso andatosene via troppo presto per una fatalità.
Se sei del Toro, se cresci in una famiglia che ha il Toro nel sangue, capisci fin da piccolo che ci sarà da mangiare pane duro, che nulla è facile e che non sempre vincono i buoni. Capisci che la storia che hai davanti alle volte è più grande di te, ma conoscerla e portala nel cuore è importante per guardare avanti, ed alzare la testa quando tutto sembra finito.

Gigi Meroni io non l’ho mai conosciuto, non l’ho mai visto giocare, ma quel libro scritto a macchina, anch’esso con la trascrizione delle cronache dell’epoca, trasudanti l’affetto di una giovane tifosa, è stato il primo incontro con quel ragazzo con i baffi e i capelli lunghi, alla guida di una Balilla vestito con un gessato disegnato da lui, a passeggio per Torino con una gallina al guinzaglio o nella sua mansarda a dipingere quadri e autoritratti. Che nell'Italia ipocrita e bigotta (non molto diversa da quella di oggi) stava con una donna separata (il divorzio non esisteva ancora, quindi quella era una storia clandestina e soggetta alla pubblica accusa della società) che rinunciò alla nazionale perché gli chiesero per l’ennesima volta di cambiare il suo look “E’ un attentato alla vita privata. Non è questione di capelli o gusti musicali, è questione di libertà”.

Solo al Toro poteva capitare un giocatore così, artista fuori e dentro il campo, imprevedibile nei suoi dribbling e coi suoi tocchi, rivoluzionario in tutto quello che faceva e che diceva, difficile immaginarselo con un'altra maglia, impossibile immaginarlo nel calcio ancora più conformista e falso che abbiamo oggi.

Da quel librone granata in cima alla libreria della mia camera ho imparato a conoscere un’altra storia meravigliosa, ed è come se lo avessi conosciuto di persona, perché come ogni storia che riguarda il Toro tutto ha un significato, tutto è un qualcosa che ti entra dentro, che ti cambia e che ti fa per forza diventare una persona diversa. Anche questa storia mi ha insegnato ad amare questi colori, ha influenzato inevitabilmente i miei gusti in fatto di giocatori (sarà un caso che anche io abbia sempre amato i numeri 7, mentre i più blasonati numeri 10 non mi hanno mai particolarmente emozionato), e mi hanno fatto diventare quello che sono oggi.


Non è retorica dire che Gigi è uno di noi, perché voleva essere una persona libera in un calcio e in una società che non accetta chi non si allinea alla massa, chi non è conforme, chi non accetta l’ordine delle cose imposte dall'alto senza una spiegazione logica. Si vuole bene a Gigi Meroni perché era diverso, un po’ come ci sentiamo diversi noi granata, sempre fieri di esserlo.