giovedì 15 ottobre 2015

Quel libro color granata

Amiche ed amici de #ilbuoncalcio....tranquilli la sconfitta contro il Carpi, con le immagini del gioco frizzante e pieno di entusiasmo che i ragazzi di Giampiero ci hanno mostrato per l'occasione, non ci hanno fatto dimettere dalla nostra missione. Nonostante fosse difficile fare un pezzo su un match che ispirava soltanto parole che avrebbero prodotto querele o manifestazioni poco raffinate, l'assenza è stata soprattutto dovuta a mancanza di tempo per produrre qualcosa di degno per codesta prestigiosa rubrica. 
In attesa di ritrovarci dopo la partita con il Milan, vi lascio un pezzo che scrissi qualche anno fa nel mio vecchio blog. Parlava di un libro, di un fuoriclasse straordinario, di uno stilista, di un artista e di un rivoluzionario che ci ha lasciati troppo presto, ma che non abbiamo mai dimenticato. Ve lo ripropongo proprio oggi, perchè mi spiaceva non ricordarlo in questa data. 
Ciao Gigi!! 
A presto.
Igor Stasi

Era sulla libreria della mia cameretta. Erano facilmente distinguibili da tutti gli altri libri, perché intanto erano grossi in formato A4 e poi la copertina era di un colore che non poteva passare certamente inosservata. Due libroni di color granata, di cui uno sul dorso riportava il titolo “Successi e lotte della Squadra granata” l’altro invece era invece dedicato ad una persona particolare un certo “Gigi Meroni. Il più grande idolo granata”.

Chiesi a mia madre che cosa fossero quei libri chi li avesse scritti e di chi parlavano, e lei mi disse che non si potevano trovare in libreria perché in realtà li aveva scritti lei, battuti con la sua mitica macchina da scrivere Olivetti quando era giovane, e aveva voglia di scrivere di una passione che proveniva da suo padre e che gli aveva raccontato tante volte quando era piccola. 
Allora prese la scala e salì per andare a prenderli dal piano alto della libreria e me li fece vedere.
Il primo raccontava la storia di quella squadra leggendaria, che suo padre gli aveva raccontato tante volte. In realtà mia madre aveva raccolto e trascritto le cronache dei giornali dell’epoca, in special modo dei funerali di quei ragazzi che inspiegabilmente si erano trovati a volare a bassa quota sul colle di Superga. Addirittura aveva la prime pagine originali di Gazzetta Sera e di Tutto Sport che mio nonno aveva conservato con la cronaca di quei giorni, con tutta Torino ferma e stretta attorno a quei ragazzi a cui aveva voluto così bene.

Ma dopo aver letto quel libro la curiosità cadde per forza sul secondo, quello dedicato a quel Gigi Meroni che fino a quel momento non avevo mai sentito nominare.
Era l’idolo giovanile di mia mamma, un giocatore che non aveva nulla in comune a tutti gli altri, anch’esso andatosene via troppo presto per una fatalità.
Se sei del Toro, se cresci in una famiglia che ha il Toro nel sangue, capisci fin da piccolo che ci sarà da mangiare pane duro, che nulla è facile e che non sempre vincono i buoni. Capisci che la storia che hai davanti alle volte è più grande di te, ma conoscerla e portala nel cuore è importante per guardare avanti, ed alzare la testa quando tutto sembra finito.

Gigi Meroni io non l’ho mai conosciuto, non l’ho mai visto giocare, ma quel libro scritto a macchina, anch’esso con la trascrizione delle cronache dell’epoca, trasudanti l’affetto di una giovane tifosa, è stato il primo incontro con quel ragazzo con i baffi e i capelli lunghi, alla guida di una Balilla vestito con un gessato disegnato da lui, a passeggio per Torino con una gallina al guinzaglio o nella sua mansarda a dipingere quadri e autoritratti. Che nell'Italia ipocrita e bigotta (non molto diversa da quella di oggi) stava con una donna separata (il divorzio non esisteva ancora, quindi quella era una storia clandestina e soggetta alla pubblica accusa della società) che rinunciò alla nazionale perché gli chiesero per l’ennesima volta di cambiare il suo look “E’ un attentato alla vita privata. Non è questione di capelli o gusti musicali, è questione di libertà”.

Solo al Toro poteva capitare un giocatore così, artista fuori e dentro il campo, imprevedibile nei suoi dribbling e coi suoi tocchi, rivoluzionario in tutto quello che faceva e che diceva, difficile immaginarselo con un'altra maglia, impossibile immaginarlo nel calcio ancora più conformista e falso che abbiamo oggi.

Da quel librone granata in cima alla libreria della mia camera ho imparato a conoscere un’altra storia meravigliosa, ed è come se lo avessi conosciuto di persona, perché come ogni storia che riguarda il Toro tutto ha un significato, tutto è un qualcosa che ti entra dentro, che ti cambia e che ti fa per forza diventare una persona diversa. Anche questa storia mi ha insegnato ad amare questi colori, ha influenzato inevitabilmente i miei gusti in fatto di giocatori (sarà un caso che anche io abbia sempre amato i numeri 7, mentre i più blasonati numeri 10 non mi hanno mai particolarmente emozionato), e mi hanno fatto diventare quello che sono oggi.


Non è retorica dire che Gigi è uno di noi, perché voleva essere una persona libera in un calcio e in una società che non accetta chi non si allinea alla massa, chi non è conforme, chi non accetta l’ordine delle cose imposte dall'alto senza una spiegazione logica. Si vuole bene a Gigi Meroni perché era diverso, un po’ come ci sentiamo diversi noi granata, sempre fieri di esserlo.

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