Amiche ed amici de #ilbuoncalcio....tranquilli la sconfitta contro il Carpi, con le immagini del gioco frizzante e pieno di entusiasmo che i ragazzi di Giampiero ci hanno mostrato per l'occasione, non ci hanno fatto dimettere dalla nostra missione. Nonostante fosse difficile fare un pezzo su un match che ispirava soltanto parole che avrebbero prodotto querele o manifestazioni poco raffinate, l'assenza è stata soprattutto dovuta a mancanza di tempo per produrre qualcosa di degno per codesta prestigiosa rubrica.
In attesa di ritrovarci dopo la partita con il Milan, vi lascio un pezzo che scrissi qualche anno fa nel mio vecchio blog. Parlava di un libro, di un fuoriclasse straordinario, di uno stilista, di un artista e di un rivoluzionario che ci ha lasciati troppo presto, ma che non abbiamo mai dimenticato. Ve lo ripropongo proprio oggi, perchè mi spiaceva non ricordarlo in questa data.
Ciao Gigi!!
A presto.
Igor Stasi
Era sulla libreria della mia
cameretta. Erano facilmente distinguibili da tutti gli altri libri, perché
intanto erano grossi in formato A4 e poi la copertina era di un colore che non
poteva passare certamente inosservata. Due libroni di color granata, di cui uno
sul dorso riportava il titolo “Successi e lotte della Squadra granata” l’altro
invece era invece dedicato ad una persona particolare un certo “Gigi Meroni. Il
più grande idolo granata”.
Chiesi a mia madre che cosa
fossero quei libri chi li avesse scritti e di chi parlavano, e lei mi disse che
non si potevano trovare in libreria perché in realtà li aveva scritti lei,
battuti con la sua mitica macchina da scrivere Olivetti quando era giovane, e
aveva voglia di scrivere di una passione che proveniva da suo padre e che gli
aveva raccontato tante volte quando era piccola.
Allora prese la scala e salì
per andare a prenderli dal piano alto della libreria e me li fece vedere.
Il primo raccontava la storia
di quella squadra leggendaria, che suo padre gli aveva raccontato tante volte.
In realtà mia madre aveva raccolto e trascritto le cronache dei giornali
dell’epoca, in special modo dei funerali di quei ragazzi che inspiegabilmente
si erano trovati a volare a bassa quota sul colle di Superga. Addirittura aveva
la prime pagine originali di Gazzetta Sera e di Tutto Sport che mio nonno aveva
conservato con la cronaca di quei giorni, con tutta Torino ferma e stretta
attorno a quei ragazzi a cui aveva voluto così bene.
Ma dopo aver letto quel libro
la curiosità cadde per forza sul secondo, quello dedicato a quel Gigi Meroni
che fino a quel momento non avevo mai sentito nominare.
Era l’idolo giovanile di mia
mamma, un giocatore che non aveva nulla in comune a tutti gli altri, anch’esso
andatosene via troppo presto per una fatalità.
Se sei del Toro, se cresci in
una famiglia che ha il Toro nel sangue, capisci fin da piccolo che ci sarà da
mangiare pane duro, che nulla è facile e che non sempre vincono i buoni.
Capisci che la storia che hai davanti alle volte è più grande di te, ma
conoscerla e portala nel cuore è importante per guardare avanti, ed alzare la
testa quando tutto sembra finito.
Gigi Meroni io non l’ho mai
conosciuto, non l’ho mai visto giocare, ma quel libro scritto a macchina,
anch’esso con la trascrizione delle cronache dell’epoca, trasudanti l’affetto
di una giovane tifosa, è stato il primo incontro con quel ragazzo con i baffi e
i capelli lunghi, alla guida di una Balilla vestito con un gessato disegnato da
lui, a passeggio per Torino con una gallina al guinzaglio o nella sua mansarda
a dipingere quadri e autoritratti. Che nell'Italia ipocrita e bigotta (non
molto diversa da quella di oggi) stava con una donna separata (il divorzio non
esisteva ancora, quindi quella era una storia clandestina e soggetta alla
pubblica accusa della società) che rinunciò alla nazionale perché gli chiesero
per l’ennesima volta di cambiare il suo look “E’ un attentato alla vita
privata. Non è questione di capelli o gusti musicali, è questione di libertà”.
Solo al Toro poteva capitare
un giocatore così, artista fuori e dentro il campo, imprevedibile nei suoi
dribbling e coi suoi tocchi, rivoluzionario in tutto quello che faceva e che
diceva, difficile immaginarselo con un'altra maglia, impossibile immaginarlo
nel calcio ancora più conformista e falso che abbiamo oggi.
Da quel librone granata in
cima alla libreria della mia camera ho imparato a conoscere un’altra storia
meravigliosa, ed è come se lo avessi conosciuto di persona, perché come ogni
storia che riguarda il Toro tutto ha un significato, tutto è un qualcosa che ti
entra dentro, che ti cambia e che ti fa per forza diventare una persona
diversa. Anche questa storia mi ha insegnato ad amare questi colori, ha influenzato
inevitabilmente i miei gusti in fatto di giocatori (sarà un caso che anche io
abbia sempre amato i numeri 7, mentre i più blasonati numeri 10 non mi hanno
mai particolarmente emozionato), e mi hanno fatto diventare quello che sono
oggi.
Non è retorica dire che Gigi è
uno di noi, perché voleva essere una persona libera in un calcio e in una
società che non accetta chi non si allinea alla massa, chi non è conforme, chi
non accetta l’ordine delle cose imposte dall'alto senza una spiegazione logica.
Si vuole bene a Gigi Meroni perché era diverso, un po’ come ci sentiamo diversi
noi granata, sempre fieri di esserlo.
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